CONVERSATIONS ABOUT BURNED WORLDS

 a post-dramatic play

by Arianna Alfarano, Sonia Antinori, Andrea Caimmi, Andrea Ciferri, Michele Lucinato, Francesca Persichini, Maria Letizia Ruello

a Masterclass by JETON NEZIRAJ

CANZONE 

Cammino cammino cammino cammino cammino arrivo su in collina 

mi guardo in giro in giro in giro non c’è anima viva 

mi siedo mi alzo non riesco a darmi pace 

avrò dei soldi se qui diventa una brace 

ora, adesso, basta aspettare 

lo faccio senza indugiare 

nessuno saprà che sono stato io 

daranno la colpa al caldo estivo 

nella mano destra ho l’accendino 

nella sinistra uno stoppino 

rimane da scegliere dove appiccare il fuoco 

quest’albero vecchio farà da rogo 

adesso, è il momento, un secondo e scappo 

acceso! Il gioco è fatto.


ONCE UPON A TIME 

C’era una volta una città sul mare. Era l’unica città del paese appoggiata in tal modo nel golfo, che era possibile vedere sia l’alba che il tramonto appesi sull’acqua. Gli abitanti ne andavano orgogliosi e nei decenni e forse nei secoli avevano inventato stornelli e canzoni sulla bellezza della città, che in effetti, a parte questo carattere marinaro, non aveva molte altre caratteristiche degne di nota. Era, insomma, una città tra le altre del mondo. Come potremmo dire di una persona, che ha sì, naturalmente, alcuni tratti di bellezza, ma che non per questo si segnala come straordinaria. E’ cioè una persona tra le altre. 

In questa città viveva un uomo di mezza età, uno uomo tra gli altri, con una grande passione per il borgo da cui era originario, anch’esso un insediamento marinaro, a pochi chilometri dalla città dove si era trasferito da molti anni. La sua infanzia infatti era trascorsa in una sorta di magia acquatica e ne conservava la memoria in modo appassionato. I suoi giochi sulla spiaggia, i suoi castelli di sabbia, le cocomerate all’imbrunire colorivano i suoi ricordi, tanto da impregnarlo di nostalgia. 

Ogni giorno si affacciava dalla finestra della sua abitazione, che guardava la baia e scrutava l’orizzonte fino a identificare la sagoma della costa a lui tanto cara. In realtà la marina era sparita molti anni prima, con i suoi laghetti abitati da uccelli e le sue case inizio novecento, perché una società a partecipazione statale aveva individuato in quel tratto di costa la sede ideale per impiantare una raffineria. In pochi anni la cittadina era stata sventrata, per far posto alla nuova infrastruttura, il lungomare sostituito dalla ferrovia, le case espropriate per pochi milioni di lire. 

Era stato a quel punto che lui, ormai adulto, aveva deciso di andarsene nella limitrofa città. Per questo aveva lentamente perso contatto con gli amici d’infanzia. Per questo aveva cercato un appartamentino che guardasse verso l’antico borgo, così da nutrire la sua nostalgia. Per questo aveva sviluppato un sentimento di pericolo, pensando ai suoi vecchi, rimasti là, nella marina scomparsa di fronte alla maestosa e orrenda struttura di metallo, che nascondeva i cicli di preparazione del carburante. Per questo aveva cominciato a bazzicare i vigili del fuoco della città, prima come volontario, poi assunto regolarmente. L’idea che l’operosa cittadina sul mare potesse essere l’epicentro di un incidente terribile lo angustiava, come fanno certi incubi diurni, contro cui si cerca di convocare la ragione. Alla fine il fuoco era diventato la sua ossessione. Ne era respinto e affascinato al tempo stesso, quasi su di lui aleggiasse un presagio inspiegabile. Questo carattere 

oscuro ne aveva macchiato l’umore e poco a poco era diventato uno di quei personaggi tristi che si 

muovono indistintamente in città a cui non riescono ad appartenere. Non aveva amici, ma solo colleghi o vicini. Non aveva una donna.

DIALOGO POMPIERI

D – Giovanni hai visto? 

G – Cosa? 

D – Il fumo. 

G – Dove è? 

D – Laggiù alla Mole. 

G – Dove è il mio panino? 

D – Eccolo il tuo panino! Cazzo Giovanni, ma giù alla Mole è proprio fumo, fumo 

nero. 

G – Mi passeresti anche la borraccia Dario? 

D – A Giovà, ma allora me vo fa incazzà? Ma voi lascià perde ‘sto manino? Se non 

corriamo giù alla Mole, chissà cosa succede … 

G – E no, Dario. Sei tu che me voi fa incazzà. Io ho fame, so stanco, me so seduto 

adesso a da’ do morsi a sto pani’ e non voio sape’ de niente e de nessuno e de quello 

che succede giù alla Mole so cazzi de chi sta laggiù. 

D – Giovà, te e il tuo pani’ me ste in tel core e ancora a me me sa fadiga de corre 

laggiù, ma noi siamo pompieri, noi sappiamo dove sono gli estintori, come se 

affronta il fuoco … Dai, andamo! Andamo, oh! … Andamo? 

G – E va! Va! Vaaa! Cosa voi da me? Te voi anda’? E va! Vaaa! 

D – Vado, sì vado, io vado. Ciao Giova’. Non so se ce ‘rvedemo. Non so se c’avrò 

voia de ‘rvedette. Tò, magnate pure er panino mio, che laggiù il fumo è diventato 

tanto e denso e nero e me pare de senti’ gente che stride. 

D – Ma va va va senza discorre. Lo vedo che c’hai più premure de famme senti’ in 

colpa che de fa’ qualcosa veramente. Ma cosa voi da me? Te voi anda? E va! Vaaa! 

GRAFFITI

– Non hai il pane? Tutti i giorni alle 8,30 colazione col ricco!

– quante storie per due gocce d’acqua.

DESCRIZIONE PERSONAGGIO: ALESSANDRA

34 anni donna 

Alta un metro e 65 corporatura esile, pelle bianca. 

Capelli castani corti e ricci, occhi di colore marrone che si abbassano ai lati, viso a punta. 

Ha una voce squillante acuta, dal timbro un po’ infantile. 

Quando cammina fa dei passetti piccoli e veloci e ha un movimento oscillatorio molto veloce dall’alto verso il basso. 

I movimenti sono lenti, ma a scatti, nervosi. 

Cattolica e rispettosa dei comandamenti della religione. 

Non lascia molto spesso la sua comfort zone per andare a esplorare l’ignoto oltre ad essa, ma rimane legata a quello che già conosce. 

È un po’ permalosa, se si arrabbia non ti dice apertamente che cosa l’ha infastidita, ma aspetta che sia tu a chiedere cosa non va per poi dirti cosa non le piace di te. Non prende molto spesso l’iniziativa per fare qualcosa ma aspetta che le si presenti l’occasione. 

È molto riservata, anche nei movimenti del corpo, non occupa molto spazio. 

Non è molto discreta, se le confidi qualcosa o c’è una conversazione che dovrebbe rimanere privata, ne parla senza curarsi di orecchie indiscrete che potrebbero ascoltare o rivelare il segreto involontariamente a persone a cui si stava nascondendo. 

È molto ubbidiente e non si è mai ribellata agli insegnamenti dei suoi genitori. 

È astemia e non fuma, non ha mai provato a fumare. 

Quando si trova con qualcuno che non le piace si ammutolisce e ha un viso contrito, quando la persona va via esplode la sua insofferenza. 

Non è una persona mattiniera, ma è più attiva la sera.

ESCAPE TEXT

Caldo. Caldo . Caldo. E fame , tanta, tantissima fame. Non ho niente sotto i denti, come ho fatto a non accorgermene prima? Parlavano dei fuochi in televisione e io non 

mi sono accorta di niente, la domestica doveva arrivare con il cibo, eppure non 

è arrivata. Quante gliene ho dette. Non so che fare: correre ma correre verso dove? È 

tutto deserto qua fuori non c’è niente al di fuori del deserto e la mia casa è uno sputo bianco in mezzo al nulla.  Oddio lo stomaco, quanto cazzo fa male. Non va, no. Com’è possibile? Eppure 

sembrava tutto andare per il meglio: avevo la mia palestra, i miei libri, la domestica che mi portava il cibo quando non c’ero e poi all’improvviso il cibo non c’era più non c’era più nulla d’avere. Dove cazzo sto correndo? Dove sto andando? Verso cosa, verso chi? Da quanto tempo non incontro una persona? Da quanto corro da sola? Senza cibo mi accorgo degli altri. Che ci voglio fare adesso? Me li voglio mangiare? Li ho sempre schifati e ora, adesso, me li voglio mangiare! Scema, sono scema, sono stata così cieca! Terra che si spacca sotto i miei piedi, cappello appiccicato come con la colla sulla mia fronte, caldo sole spacca pietra e sola in solitudine. Dove sono gli altri? Scusatemi ci sono anch’io. Non mi lasciate indietro! Che faccio adesso? Dannata domestica 

mi potevi avvisare. Anche se non ti ho mai rivolto la parola, mi potevi avvisare! Sarei venuta con te, ti avrei fatto da badante; mi potevi avvisare cazzo.


GRAFFITI

– Ne abbiamo pieni i polmoni

– Contro negri, froci e climatisti, carri armati e paracadutisti

NON HUMAN POINT OF VIEW

Ero tranquilla sul banco di Giacomo. Era una giornata come le altre. Poi è iniziato ad entrare del fumo. E tutti hanno iniziato a gridare. Gridavano tutti. Ad un certo punto sono caduta. Mi sono fatta male. La plastica esterna si è incrinata. Poi mi sono fatta ancora più male: un piede, due piedi, tre, passi sempre più pesanti. Plastica rotta. Giacomo non mi aveva raccolta.  Se si fosse ricordato di me sarebbe andato tutto bene. Con una penna in mano si può cambiare il mondo. 

Ehi Giacomo, sono qui, vieni, dove vai. Sono qui a terra. Giacomo! Giacomo! 

Ah, eccoti qua finalmente. Ma che ci fai qui per terra, sciocchino. Mi devi tirare su, non sdraiarti qui con me. Alla maestra non farà piacere. Dai, alzati e andiamocene, che qui inizia a fare caldo. Non lo senti anche tu questo caldo? Dai Giacomo, non fare lo sciocchino, andiamo. Giacomino, dai, è ora di alzarsi. Qui scotta Giacomo. Scotta tantissimo. Oh, ma qui brucia, c’è il fuoco, maestra, Giacomo, su, c’è da andare, non rimanere per terra! 

Aiuto! Santo Inchiostro, aiutami tu. Non ti ho mai creduto veramente, però se vuoi che inizi a farlo salvaci, per favore. Inchiostro! Inchiostro! Ti prego salvaci . 

Aaah, che paura quella botta alla porta. Chi sono quei due tizi tutti infagottati? Andate via, brutti. Oh, ma stanno portando via la gente. Sono Angeli di Sant’Inchiostro. Forza, forza, venite qui. A 

me e a Giacomo prendete adesso, su. Dai. Tocca a noi. Sono stata io a pregare, eh, adesso mi arrabbio. Oh, finalmente. Ecco, bravo. Non gli fate male a Giacomo eh.  Ecco, dai adesso, prendete anche me. Ehi, ci sono anch’io. Giacomo! Sant’Ichiostro!

GRAFFITI

– ognuno per sé, danno per tutti

ONCE UPON A TIME

C’era una volta un signore di mezza età che colpiva sempre l’attenzione dei passanti. Indossava abiti vecchi, alcuni particolari del suo abbigliamento erano proprio consunti ma a chi lo vedeva dava sempre un’impressione di eleganza. Il suo volto era ben proporzionato e la camminata sempre calma e regolare. 

Faceva passi lunghi, appoggiando bene il piede a ogni passo. A volte si fermava, ben eretto con il peso su tutti e due piedi, si guardava intorno, faceva dei profondi respiri e riprendeva il suo cammino. Se capitava di incrociare il suo sguardo, si era sempre ricambiati da un sorriso leggero e sincero. Alcuni dicevano che fosse un ex-militare, per via del suo passo forte e regolare. Altri, che fosse un francese, arrivato qui per amore. 

L’amore se ne era andato e lui aveva preferito restare a camminare qui. 

Ogni giorno, poco prima della sera, lo si poteva trovare sulla riva del fiume con la canna da pesca, sempre eretto e composto, che aspettava di prendere qualche pesce che poi puntualmente ributtava in acqua. Si era anche dotato di un grande ombrellone colorato, per potere pescare anche quando pioveva. Nessuno però sapeva cosa facesse nei giorni di vento e pioggia vento, perché l’ombrellone in quel caso sarebbe volato via. 

Ma alla gente piaceva pensare che quell’uomo elegante resistesse ad ogni intemperia pur di continuare a pescare. Negli ultimi tempi le piogge si erano fatte sempre più irregolari, arrivavano non previste e scaricavano una quantità d’acqua sulla città e sul fiume, che non si era mai vista. L’uomo elegante cercava di pescare anche in quei casi ma più di una volta era stato per essere trascinato via dalla piena del fiume. 

Qualcuno dice che nella grande alluvione del 2020 era stato visto ripararsi col suo ombrellone colorato in un angolo del palazzo del comune, e sembrava piangesse. 

L’estate successiva, dopo le grandi piogge che avevano recato molti danni a cose e persone, arrivò una grande siccità e un grande caldo, mai sentito prima. L’uomo elegante ogni giorno tornava, poco prima della sera, con la sua canna da pesca al fiume. Ma l’acqua era sempre meno, il livello del fiume si era abbassato sempre più e i pesci morivano. Fin quando non ce ne furono più. L’uomo elegante continuava lo stesso ad andare a pescare. un giorno videro un fuoco sulla riva del fiume, alla sera: era l’uomo elegante che aveva dato fuoco al suo ombrellone. Quelli che si erano spinti più vicino, dicono che avesse un’espressione mai vista prima, aveva gli occhi corrucciati e la bocca serrata.

GRAFFITI

– senza benzina si può, senza cibo no.

– 50 gradi, risparmio sull’asciugatrice.

INTERVIEW’S TALE

Bidella- pronto? Si, il professor Remandet è qui. Come? Mi state prendendo in giro? O Signore mio, certo, lo avvisiamo subito. (bidella bussa alla porta dell’aula) professor Remandet, scusi se interrompo la lezione. Mi hanno chiamato adesso un suo amico vicino di casa. È scoppiato un incendio al suo paese, le fiamme stanno arrivando alla sua casa! 

Prof- grazie, Rossella. Molto gentile. Finisco la mia lezione e poi vado. 

Bidella- professore, forse non ci siamo capiti bene. La sua casa sta andando a fuoco! Deve andare a casa, magari può far qualcosa se va lì. 

Prof- ho visto l’incendio che si avvicinava mentre stavo partendo per venire a scuola. È velocissimo. 

Bidella- bè non ha fatto niente? E vuole pure finire l’ora di lezione? 

Professore- ho già avuto l’ora più importante. In un’ora può starci tutta una vita e anche di più. Posso pure finire la mia ora di lezione, tutto quello di importante che ho nella vita, ce l’ho lì. La casa ne troverò un’altra. 

Bidella- sapevo che era matto professore, ma fino a questo punto… cos’è quella roba lì? Non ci stanno neanche due paia di pantaloni e una camicia. 

Prof- è la valigia che i miei nonni hanno fatto, quando abitavano in Alsazia, e hanno avuto un’ora di tempo prima che iniziasse una battaglia tra tedeschi e americani proprio dentro il loro paese e distruggesse la loro casa. Se quella valigia si salva io ho tutto quello che mi serve. 

Bidella- e che c’è dentro? 

Prof- documenti e foto di famiglia. 

Bidella- solo? 

Prof- anche la macchinetta del caffè e un portasigarette vuoto. 

Bidella- bravo. La macchinetta del caffè è fondamentale. Allora…io vado via. Lei è a posto così? Ma non ha chiamato i soccorsi quando ha visto l’incendio? 

Prof- certo che l’ho fatto. E mi hanno detto che con quell’intensità di vento e per l’estensione che aveva , non era possibile salvare la mia casa. Come quelle dei vicini. Non sono più gli incendi che conosciamo noi. 

Vanno velocissimi perché la terra è secca. Il fosfato alimenta rende le fiamme ancora più alte e difficili da spegnere, e la quantità di insetti morti peggiora tutto. 

Bidella- sembre una guerra. 

Prof- brava Rossella. Come quella che hanno vissuto i miei nonni. 

Bidella- siamo sempre daccapo. 

Prof- se potessi buttare qualcosa nel fuoco, butterei la stupidità umana.

FIRE DIALOGUE

Artista: sarò un piromane come dite voi, ma sono anche un mangia fuoco e un giocoliere, non sento di dovermi giustificare per quanto rinvenuto in casa mia, io col fuoco ci lavoro. 

Poliziotto1: e che cosa pretende? Che cosa dovremmo pensare? Non sarebbe la prima volta che si diverte in questo modo, contando questa siamo a sei. 

Artista: le dico che non sono stato io! 

Poliziotto2: non alzi la voce! La capisce la nostra difficoltà nel crederle? 

Artista: lo capisco, ma io non una foglia! Non una foglia da che sono qui! Lo giuro! Ho lasciato il mio paese, anni di comunità, anni di comunità! Anni di comunità e stavo bene ma ognuno mi guardava e sono venuto qui e non una foglia! Io lo giuro non una foglia! Ho bruciato solo torce, ed è loro il merito, ora il fuoco è solo nelle mie mani, ora controllo il fuoco! E il fuoco non controlla me! 

Poliziotto1: le leggo una cosa “il governo brucia tutto… 

Artista: come avete quei versi? 

Poliziotto2: ascolta! 

Poliziotto1: “poveri diavoli dalla coda di fuoco/ volano bassi/ da anni e anni/ piccoli roghi sui campi/ piccoli roghi sui campi/ da secoli sparsi/ dai soliti quattro/ dei poveri matti/ e adesso che cosa?/ e adesso la mafia!/ e la febbre del mondo/ che la sostiene/ la febbre del mondo/ all’abbraccio malato/ del menefreghismo/ una specie invasiva/ emorragia e sangue nero!/ la terra trafitta in profondità e…/ fuoco alle ferite!/ fuoco alle ferite in nome del denaro!/ chi è malato?/ chi è malato?/ il governo al manicomio/ incarceriamo solo/ il piromane più pericoloso/ solo alla gente/ il potere del fuoco/ solo alla gente il potere del fuoco!/ il governo brucia tutto/ e il governo brucerà!/ il governo brucia tutto e il governo brucerà!” 

Poliziotto2: spiegaci. 

Artista: sono cose che non vi interessano… 

Poliziotto2: attento a come parli. 

Artista: intendo dire, non sono cose interessanti per le indagini, naturale che io scriva di queste cose, sono stato un piromane ed è un’esperienza che mi ha segnato; naturale che i miei personaggi siano pazzi e se è possibile più di quanto non lo sono stato io. Ma credetemi, mi sono lasciata alle spalle quella roba. Ora il fuoco ha un senso per me e riposa solo nelle mie clave, più è la rabbia, più volano in alto, ma il fuoco è a loro e a loro soltanto. 

Poliziotto1: fa un cenno con la testa a poliziotto2, vanno verso l’uscita. 

Artista: come avete avuto il testo? 

Non lo ascoltano, si chiudono la porta alle spalle.

CHARACTER

ZIA LELLA 

Lella è la moglie di mio zio Giorgio, fratello di mia mamma. Ora ha 80 anni. È piccola di statura ma il suo corpo è magro e la sua figura ancora ben eretta. Lella è stata un atleta quando era giovane. Correva velocissima. Faceva i 100 metri e i 110 ostacoli, anche se era bassa. Ha occhi castani, un bellissimo sorriso che scopre dei denti perfetti e ci tiene a vestirsi colorata, perché sennò sembra una vecchia. Quando esce per fare una passeggiata, o solo per fare la spesa indossa sempre scarpe con un po’ di tacco. Sa camminare benissimo con i tacchi, le sue caviglie sono sottili e ben disegnate e si muove con molta eleganza. È un persona forte e positiva. È stata maestra d’asilo in un paese di campagna e ancora adesso i suoi vecchi allievi la passano a trovare, le regalano le uova, il vino nuovo, una pianta di fiori. La sua voce è roca perché ama fumare, però ormai è vecchia e non pensa proprio a smettere. Ha un grande balcone esposto verso sud dove coltiva tantissime rose. 

Ci sono due cose che rendono triste mia zia: pensare a suo marito che non c’è più, che ama ancora 

tantissimo. E ricordare un suo cugino morto ammazzato durante la guerra. Questo suo cugino era un 

fascista, e la sera stava andando a trovare la sua fidanzata. Nella notte fu aggredito da contadini che lo uccisero a colpi di zappa per portargli via il fucile. Chiamarono lei e i parenti nella notte, lei era ancora una bambina. Mia zia dice di essere fascista, e quando le chiedi perché, lei va sempre al ricordo di quel cugino trucidato, all’immagine scolpita nella sua memoria di quel corpo massacrato. Quindi lei è fascista e non vuole sentire ragioni. A me fa strano. 

GRAFFITI

– ridateci le mezze stagioni

– Senigallia 15 settembre: ma quale siccità.

30 YEARS LATER

Il quinto bicchiere di vino mi sblocca sempre. C’è chi va in psicoterapia per riuscire a parlare dei propri traumi, mentre io vado a vino. 

Era la notte di ferragosto, la maga Circe aveva già predetto il mio destino. La luna mi ingrigiva i capelli mentre quel drago inferocito sputava fiamme infernali. Tra gli artigli ingabbiava il mio Fabio, e Cupido solo sa quanto l’ho amato. Mi sono arrampicata fino alla punta più alta del castello e ho trafitto l’intestino del drago con la spada bianca. L’ho fatto prima che quel drago trafiggesse il mio cuore incenerendo Fabio. Ho salvato l’amore. 

Questo è quello che racconto a me stessa quando arrivo al quinto bicchiere di vino. Quello che è successo davvero lo sappiamo solo io e Dio. Fabio è morto solo e in modo lento, intrappolato nell’altissimo edificio in cui lavorava, soffocato dal fuoco. Non sono riuscita a essere l’eroina delle fiabe, ho avuto paura. Fuori dal castello, impietrita, ho visto l’amore infiammarsi per l’ultima volta per poi spegnersi, per sempre. 

Poesia di Francesca 

F f f fire 

I’m looking for r r r revange 

So they are on f f f fire 

My sons are burning for you 

It’s your f f f fault 

F f f fuck you