Dal 13 al 18 febbraio ha avuto luogo la residenza di co-creazione presso il Teatro Oda di Pristina, ospitata dalla compagnia Qendra Multimedia. Gli iscritti al corso sono stati dodici, di cui cinque donne e sette uomini, di diversa provenienza ed età, dai 16 ai 35 anni. Molti di loro hanno già avuto esperienza in ambito culturale o specificamente teatrale come autori, registi, sceneggiatori, critici, giornalisti. Il livello culturale è stato molto alto: ciascuno di loro è multilingue, alcuni hanno vissuto all’estero e integrato nella propria visione stimoli e impulsi diversi. Due di loro parlano italiano e uno di loro è attualmente residente a Venezia, dove sviluppa la sua ricerca nel campo delle arti visive grazie a una borsa di studio. Alcuni, alla conclusione della residenza, hanno espresso il desiderio di continuare a lavorare alla traccia drammaturgica emersa per portarla a compimento.

13 febbraio:

Il primo momento di incontro è dedicato alle presentazioni: solo alcuni dei partecipanti si conoscono e hanno già avuto occasione di lavorare insieme. Il gruppo è interessante ed eterogeneo. L’introduzione al tema comprende una riflessione sulla sua complessità. L’intenzione di trattarlo con mezzi teatrali ci invita a riposizionare il teatro nella società contemporanea. La crisi della politica e la sfiducia in un’informazione obiettiva riscattano le arti della scena dalla condizione ancillare, che la rivoluzione tecnologica sembrava aver loro riservato: il teatro torna a essere lo spazio del confronto di comunità attorno alle urgenze del reale. Nel nostro caso il dialogo si instaura all’interno di una comunità attiva e generativa, coinvolta in un processo di co-creazione che amplia le possibilità del teatro come arte collettiva, fatta della tessitura di diverse lingue e linguaggi. Si insiste anche sul carattere di rapidità che l’esperienza dovrà necessariamente avere, introducendo teoricamente gli strumenti di lavoro, che verranno messi in campo: dalla parte teorica, in cui indagare le risposte di alcuni maestri della scena contemporanea agli interventi in presenza di esperti individuati da Qendra Multimedia, alle fasi di scrittura – estemporanea o da svolgersi al di fuori delle ore di laboratorio. Viene poi avviata una discussione sui diversi approcci drammaturgici, desunti dalla tradizione naturalistica e realistica come anche dalla pratica teatrale contemporanea, nell’ottica di un teatro postdrammatico che permetta di intendere ogni nuova scrittura come singolo progetto, che sarà possibile affrontare con procedure e forme diverse, commisurate alla natura dell’idea originale.

La seconda parte della giornata è dedicata ad un approfondimento del tema climate change, con una disamina dei principali accordi politici e delle loro conseguenze, per approdare ad alcuni dati sulla situazione attuale. A seguire viene avviato un brain storming, nel tentativo di individuare delle cellule tematiche che possano affrontare l’argomento individuando una storia o un riferimento preciso. Oltre ai suggerimenti iniziali, i partecipanti propongono nuovi aspetti, spesso legati alla realtà del territorio. Tra questi: l’inquinamento prodotto dalla Termocentrale Kosova B, a 5 km da Pristina, che contribuisce a collocare il paese al terzo posto tra i paesi più inquinati d’Europa e le estreme condizioni provocate dal Sharrcem Titan Group, produttore di cemento nella cittadina di Hani I elezit, al confine con la Macedonia, dove le case sono ricoperte da un pesante strato di polvere.

14 febbraio:

Il workshop continua con la condivisione del lavoro di alcuni maestri del teatro contemporaneo europeo: il regista svizzero, direttore artistico del Teatro di Gent in Belgio, Milo Rau. Dopo un’introduzione al suo lavoro artistico e di attivista e la presentazione del suo Decalogo del 2018, si approfondisce la metodologia creativa, che parte dall’indagine della realtà, per costruire dispositivi specifici in cui vicende politiche e/o sociali incresciose, trovano un’esposizione a livello internazionale. Per comprendere meglio il suo lavoro, viene introdotto il film The Congo Tribunal, una narrazione documentaristica del percorso che ha condotto alla realizzazione dello spettacolo, con il coinvolgimento di esperti e testimoni. La visione di alcuni estratti del film avvia un dibattito su forme teatrali alternative.

Al fine di iniziare con il lavoro drammaturgico, i partecipanti vengono divisi in tre gruppi, con attenzione a mescolare professionisti più esperti e giovani con alle spalle un percorso meno strutturato: si intende così facilitare un progresso costante all’interno di ciascun team di lavoro, con la premessa che ognuno debba poter essere messo in grado di proporre la propria idea e che l’elaborazione segua percorsi condivisi, perché sia possibile ascoltare la voce di ognuno. Dopo una discussione generale i gruppi propongono il loro progetto di scrittura. Emerge subito l’estrema varietà di approcci, che rispecchia gusti e stili diversi. Il primo gruppo propone la narrazione di un mondo distopico futuribile in cui la catastrofe climatica si è già consumata e le persone vivono rintanate nelle loro case, uscendo solo per gli approvvigionamenti. Il tocco fumettistico e ironico è evidente nell’introduzione di elementi pop e surreali. Il secondo gruppo formula un’ipotesi realistica nel descrivere la storia di una famiglia di albergatori rovinata dalla scomparsa della neve sulle montagne. Il terzo gruppo propone in prima battuta un lavoro sull’inquinamento fluviale, per poi scegliere di raffigurare una famiglia contemporanea, in cui l’insensibilità dei genitori per le problematiche della figlia malata è metafora della incapacità di prendersi cura di ciò che è parte di noi: la terra.

15 febbraio:

Nel terzo giorno di residenza si prosegue lo studio di modelli particolarmente interessanti con uno spettacolo che fa della narrazione del rapporto tra uomo e natura, il punto di partenza per una discesa nella mentalità indigena, secondo il concetto di indigenizzazione che l’antropologia ha proposto come rivelatore di stili di vita alternativi: The encounter di Simon McBurney del Théâtre de la Complicité di Londra. Il lavoro racconta l’esperienza di Loren McIntyre, fotogiornalista del National Geographic, che durante una missione lungo il Rio delle Amazzoni al confine tra Brasile  e Perù alla ricerca della tribù dei Mayoruna inizia un viaggio iniziatico nell’alterità, in cui lo stupore, la paura, il sospetto e il riconoscimento costruiscono un percorso di conoscenza a cui lo spettatore è invitato in un magistrale one-man show, che avvalendo dell’uso di tecnologie audio avanzate, tematizza la necessità di un cambio di paradigma nel rapporto tra uomo e natura. L’approfondimento suscita molto interesse nei partecipanti, che concordano nell’affermare che le due esperienze su cui ci si è concentrati, rappresentano modalità di creazione completamente nuove.

Seguono attività di scrittura estemporanea nei gruppi, che procedono così nella definizione dei singoli progetti drammaturgici.

16 febbraio:

La giornata inizia con il lavoro a gruppi separati: si cominciano a delineare storie e personaggi, con caratteri e linguaggi contestualizzati. I partecipanti vengono poi riuniti in occasione dell’intervento di Mirishahe Syla, ecofemminista e poetessa, che presenta la teoria secondo cui la destrutturazione delle strutture del potere patriarcale può rivoluzionare la percezione verticistica del genere umano, fondata sulla dicotomia tra oppresso e oppressore, favorendo una comprensione diversa del mondo naturale. I gruppi si riuniscono per definire i compiti da svolgere in separata sede.

17 febbraio:

La coincidenza con il quindicesimo anniversario della dichiarazione d’indipendenza del Kosovo, anche a causa della posizione centrale del teatro ospitante, ha creato alcuni ritardi e assenze. Così è stato impossibile avere la partecipazione di Nikki Murseli, attivista per l’ambiente, la seconda ospite esterna che avrebbe contribuito al dibattito generale sul tema. I gruppi si sono comunque riuniti e il lavoro sui testi è proseguito. In un caso si è reso necessario intervenire a mediare alcune posizioni contrastanti all’interno del gruppo di lavoro, peraltro comprensibili a causa di assenze reiterate e una relativa condivisione del lavoro di ideazione. Questo sollecita una estrema chiarezza nei confronti dei partecipanti, che – anche a causa della natura delle residenze, intensive e relativamente brevi per la meta prefissata – sono chiamati a garantire continuità. In generale comunque il clima di lavoro è stato ottimo e le incomprensioni sono state facilmente superate, così che ogni gruppo ha potuto produrre un testo coerente con l’approccio scelto nel rispetto del gusto e dei desideri di tutti i partecipanti. 

18 febbraio:

La convocazione dell’ultimo giorno è stata anticipata per poter programmare un’ora di feedback sui testi prodotti e a seguire la preparazione dello spazio, della tecnica e dei partecipanti per la presentazione al pubblico. E’ stato definito un unico set, che è stato abitato dalle tre formazioni che hanno presentato le loro proposte in sequenza.

Il primo gruppo ha scelto una situazione distopica in un futuro in cui la vita all’aria aperta non è più possibile. Un uomo anziano vive con la nipote barricato in casa, ma un’urgenza spinge la ragazza ad avventurarsi fuori, armata di disinfettante spray per procurare un rimedio che aiuti il nonno a tenersi in vita.

Il secondo gruppo ha lavorato a un contesto naturalistico: Anche in questo caso sono a confronto più generazioni: madre, figlia e nipote affrontano una bancarotta causata dalla sparizione della neve nella zona del loro albergo in montagna. In uno scenario cechoviano dovranno rinunciare alla proprietà cedendo all’offerta di una speculatrice straniera.

Il terzo gruppo ha preferito un approccio simbolico, descrivendo un terzetto familiare disfunzionale in cui i genitori discutono sulla salute della figlia. Il padre nega che lei sia malata, mentre la madre non è in grado di sostenerla. Il grido d’aiuto della figlia resterà inascoltato a causa dell’ottusità dei due adulti.

La sala del Teatro Oda ha ospitato una venticinquina di persone che hanno assistito al reading.